per cucinare "FREE style"…

… mescolare energicamente una buona dose di emisfero destro e di emisfero sinistro …


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Crostata di frutta secca

Lo so che in questo periodo non si dovrebbe parlar d’altro che di panettoni, pandori e torroni…al massimo ci può scappare una crema chantilly, tutto il resto è noia…. ma voglio fare quella controcorrente e proporvi un dolce molto invernale e moooolto calorico che nulla a che fare con i classici lievitati (i quali, lo dico senza vergogna, non è che proprio mi facciano impazzire…)

Se anche voi amate la pasta frolla e la cioccolata questa torta vi piacerà! Molto semplice da preparare, di grande effetto e decisamente golosa. Se non amassi le tradizioni la prterei in tavola anche a Natale…

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CROSTATA CON MACEDONIA DI FRUTTA SECCA TOSTATA E GANACHE AL CIOCCOLATO FONDENTE (stampo da 24 cm)

per la frolla: 300 gr farina 0, 100 gr zucchero a velo, 100 gr burro, 2 uova, 1/2 cucchiaino di semi di vaniglia, la buccia grattugiata di un limone bio, un pizzico di sale

per la ganache: 3oo ml di panna fresca, 150 gr di cioccolato fondente, 1 pizzico di sale, 1/2 cucchiaino raso di sale, meglio se in cristalli

per la decorazione: 2 cucchiai di pistacchi (anche tostati e salati vanno bene), 2 cucchiai di mandorle spellate, 1 cucchiaio di anacardi, 1 cucchiaio di nocciole, 1 cucchiaio di pinoli, 1 cucchiaio raso di semi di sesamo + eventuale altra frutta secca a piacere (cocco in scaglie, zenzero caramellato, semi di sesamo, bacche di goji … )

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Preparare la frolla setacciando la farina in una ciotola ampia. Al centro versarvi le uova, il burro a pezzetti, i semi di vaniglia, lo zucchero, il sale e il limone. Impastare velocemente con la punta delle dita fino ad ottenere un composto sodo ma sbricioloso. Compattare, avvolgere con pellicola e far riposare in frigo per mezz’ora.

Trascorso il riposo, stendere la frolla sulla tortiera, formando un bordo sottile alto almeno 1-1.5 cm. Bucherellare il fondo con una forchetta, dovrà essere molto bucherellato! Così non si alzerà durante la cottura. In alternativa riempite con legumi secchi. Cuocere il guscio di frolla in forno a 180 gradi per circa 30-35 minuti. Una volta cotto farlo raffreddare completamente ed estrarlo dallo stampo.

A questo punto si può procedere con il ripieno.

Tritare grossolanamente la frutta secca più grande, metterla in una padella ampia e porre su fiamma media, mescolando molto spesso. tostare la frutta per 2-3 minuti, poi lasciar raffreddare.

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Nel frattempo preparare la ganache: mettere a scaldare la panna in una casseruola ampia a fuoco molto dolce. Tritare il cioccolato grossolanamente. Non appena la panna raggiungerà il bollore, togliere dal fuoco e versarvi il cioccolato. Lasciar riposare per un paio di minuti, poi mescolare delicatamente finchè il cioccolato si sarà completamente sciolto. Incorporare i cristalli di sale.

Lasciar intiepidire il composto, poi con delle fruste elettriche montare il tutto per 6-7 minuti, finchè la crema non sarà un po’ “spumosa”… la ganache è pronta.

Riempire il guscio di frolla con la ganache fino a raggiungere il livello del bordo. Spargere sulla superficie la macedonia di frutta secca e metter in frigo per almeno un’ora prima di servire. Ottima con un bicchiere di Vino Santo di Gambellara, oppure un altro ottimo passito.

Buon appetito e buon gusto 🙂

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Friggitelli ripieni

Sono in vena di porcate, si sappia.

Ultimamente vivrei di aperitivi e relativi spunciotti onti, e credo dipenda dal fatto che non posso bere, sicchè non mi resta che consolarmi col cibo…

Una tapas che adoro sono i peperoncini jalapenos ripieni di formaggio e fritti. Si trovano in tutti i ristoranti messicani e talvolta nelle birrerie, assieme alle altre cose fritte tipo olive ascolane, patatine, chele di granchio ecc… Sono gordissimi, e ho sempre voluto provare a farli (per potermene mangiare una conca)

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Da noi i peperoncini jalapenos freschi sono introvabili, per lo meno io non li ho mai visti, e si che di alimentari etnici ne giro parecchi. In compenso abbiamo un peperoncino molto simile, il friggitello, che per forma e dimensione è pressochè identico al cugino messicano, peccato non sia altrettanto piccante. Ha un buonissimo sapore però, leggermente amarognolo, e si presta ugualmente bene a realizzare una versione autocnona del famoso finger-food.

Non ho ancora deciso se valga veramente la pena preparare in casa questi frittini…lo sbattimento è discreto devo ammetterlo, ma la ricetta è molto “tasty” e fa sicuramente colpo se la si presenta per un aperitivo domestico. Quindi, why not?

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Ingredienti per 4 persone: 20 friggitelli possibilmente tozzi e cicciotti, formaggio spalmabile tipo philadelphia qb, sale, pepe nero, peperoncino in polvere, zucchero, paprika,3 uova, pan grattato. Inoltre servono degli stuzzicadenti e olio di arachidi.

procedimento:

Con uno spelucchino tagliare la parte superiore del peperone (quella col torsolo) e rimuovere semi e filamenti interni. Man mano che si svuotano disporre i peperoncini su una teglia mettendo accanto a ciascuno il suo picciolo. Servirà poi per richiuderlo

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In una ciotolina mischiare 2 cucchiaini di sale, 1 cucchiaino si zucchero, 4-5- macinate di pepe, mezzo cucchiaino di peperoncino (o più, a seconda di quanto li volete piccanti). Spolverare l’interno di ogni peperoncino con il composto.

Con un cucchiaino riempire bene ogni friggitello con il formaggio fresco, fino al bordo. Tappare con il picciolo e fermare le due parti infilando uno stuzzicadente in diagonale.

In una ciotola ampia sbattere le uova con sale e pepe. In un’altra miscelare il pangrattato con una generosa spolverata di paprika. Impanare ogni peperoncino passando due volte in uova e pane (uovo-pane-uovo-pane). Disporre sulla placca tenedo ogni peperoncino leggermente scosato dagli altri.

Porre in freezer fino a congelamento. Quando si saranno solidificati potrete trasferirli in un sacchetto e conservarli…oppure friggerli in abbondante olio caldo, spolverare di sale maldon e leccarvi le dita.

Buon appetito e buon gusto 🙂friggitelli-web2

 


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Fusion estivo al sapore di mare

Dai che forse mi ricordo come si fa.

A scrivere un post intendo…

Giuro che sto cucinando, e anche parecchio. Il problema sono le fotografie…cercare di impiattare con un minimo di creanza, trovare un angoletto sgombro e ben illuminato, e poi la postproduzione, che a me piace fare sempre …

Ma vabbè, mi son detta ad un certo punto che anche se pubblico una sola foto fatta col cellulare e sistemata con instagram andrà bene lo stesso, anche senza watermark. In fin dei conti il senso di questo blog è quello di archiviare le mie ricette, mica diventare la  Donna Hay del futuro (anche se ammetto che non mi dispiacerebbe…)

Quindi ecco il mio ultimo esperimento fusion (ma non troppo), fresco fresco dal pranzo di oggi. Finalmente sono riuscita a usare “Le 5 Spezie” un mix di polveri dosate in una determinata proporzione (a me ignota) molto usato nella cucina cinese e che sono riuscita a scovare in un pulciosissimo asia market parigino.

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Profumi molto intensi, sicuramente da dosare con attenzione, che conferiscono al cibo un’impronta esotoca caratteristica e dolciastra: Cannella, semi di coriandolo, semi di finocchio, anice stellato, liquirizia le cinque spezie principali, con l’aggiunta di pepe e scorza di mandarino essiccata. Davvero un mix particolare.

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PASTA RISOTTATA ALLE 5 SPEZIE CON CALAMARI, SEPPIOLINE, GAMBERI E MELANZANE

ingredienti per 3-4 persone: 300 gr di spaghetti di grano duro (o di riso, meglio ancora), 6 calamari, una decina di seppioline, una decina di gamberi (o mazzancolle), 1 melanzana piccola, 2 spicchi di aglio, 1 peperoncino fresco, un pezzetto di zenzero fresco, 1/2 cucchiaio di mix “5 spezie”, 1/2 cucchiaio di zucchero di canna grezzo, 1 cucchiaio di salsa di soia, 1 cucchiaio di aceto di mele, 1,5 lt di brodo vegetale leggermente salato, olio evo,sale e pepe q.b.

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Tritare assieme aglio, peperoncino e zenzero, e dividere il trito in 2 parti uguali. Tagliare i calamari a striscioline (anelli) e le seppioline a metà. Sbucciare la melanzana e tagliarla a dadini.

Portare a bollore il brodo in una casseruola con l’aggiunta dello zucchero, la salsa di soia e il mix “5 spezie”.

In un wok capiente scaldare 2 cucchiai di olio e soffriggere una parte del trito. Aggiungere il pesce e saltare a fiamma vivace per 3 minuti, non di più, continuando a mescolare. Togliere dal fuoco e tenere da parte.

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Nello stesso wok aggiungere dell’altro olio e soffriggere il resto del trito. Saltare i dadini di melanzana, aggiungendo l’aceto di mele e un paio di mestoli di brodo. Quando la verdura sarà abbastanza tenera, aggiungere 2 tazze di brodo, portare a bollore e immergervi gli spaghetti tagliati a metà. Coprire per qualche minuto, poi cominciare a saltare la pasta, mescolando e aggiungendo brodo ogni tanto esattamente come si farebbe con un risotto.

Quando manca circa un minuto alla cottura, aggiungere il pesce precedentemente saltato, portare tutto a temperatura, se serve aggiustare di sale e pepe e servire.

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Più difficile  adirsi che a farsi. E adesso come mi faccio passare la voglia di tornare in asia???

Buon appetito e buon gusto 🙂

 

 


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Vellutata di barbabietole con yogurt, anacardi e tabasco

Parola d’ordine: ROSA

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Fino ad un paio d’anni fa pensavo che le barbabietole fossero solo quelle che si trovano confezionate sottovuoto nei banchi frigo del reparto verdure…quelle precotte, dalla consistenza indefinibile …

Si capisce che non mi piacciono? Però mi hanno sempre affascinato per il loro colore, capace tra l’altro di inchiostrare di rosa qualsiasi altra cosa con cui vengano in contatto. E mi sono sempre rammaricata che non mi piacessero perchè avrei voluto tanto sfrutare quel meraviglioso effetto scenografico in qualche piatto…

Poi finalmente sono uscita dal tombino dove ero accidentalmente caduta [cit. Laura Castenetto] e mi sono resa conto che si sarebbero pur dovute trovare anche fresche queste fantomatiche radici. E le ho provate.

Risultato, le adoro! Non solo fanno benissimo, ma da crude hanno un sapore e una consistenza deliziosi, simili a quelli delle carote. Il loro succo è altrettanto buono.

Le sto provando in mille mila modi ma ancora uno dei miei preferiti è la vellutata. Cremosa, leggera, saporita. E soprattutto colorata. Bella per gli occhi e buona per lo stomeghetto…ho preso spunto dalla ricetta di Roberta – ratatouille non solo cibo, ma nella mia versione le abbino ad alcuni ingredienti esotici (e te pareva) come il coriandolo, gli anacardi per la componente croccante e il tabasco, che gli da una spinta in più. Perchè a me piacciono i sapori forti.

E poi c’è lo yogurt, che con la sua fresca acidità aiuta a bilanciare la dolcezza (un po’ stucchevole) delle rape cotte.

Piccolo inciso finale, io non ho ancora provato ma mi suggeriscono dalla regia che le foglie di barbabietola cotte siano molto buone!

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VELLUTATA DI BARBABIETOLE CON YOGURT, ANACARDI E TABASCO

ingredienti per 2-3 persone: 3 barbabietole medie (fresche!), 1 patata rossa medio grande (anche gialla va bene), una cipolla rossa, uno spicchio d’aglio , un vasetto di yogurt magro, 2 cucchiaini di sale rosa dell’himalaya (vabbè, ho usto questo per tiratmela un po visto che era tutto rosa…ma va bene il sale normale), olio EVO qb, 2 cucchiaini da te di aceto di mele, una manciata di anacardi tostati e salati, mezzo cucchiaino di coriandolo in polvere, un pizzico di pepe, 5-6 gocce di tabasco.

Sbucciare le verdure. Tagliare la cipolla a fette non troppo sottili, la patata e le barbabietole a tocchetti.

Nella pentola (io ho usato quella a pressione) scaldare 2-3 cucchiai di olio e stufare la cipolla con un cucchiano di aceto e poco sale. Quando è morbida aggiungere le altre verdure e il resto dell’aceto, e mescolare per qualche minuto a fuoco vivace per far rosolare anche quelle.

Aggiungere acqua a filo delle verdure, aggiungere l’aglio, il coriandolo, il sale e il pepe.

Chiudere con coperchio e cuocere per circa 15 minuti dal fischio. (in pentola normale ci vorrà mezz’ora)

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Ultimata la cottura frullare abbondantemente con un minipimer. Aggiustare di sale e pepe, aggiungere lo yogurt, il tabasco e un filo d’olio e frullare per un altro minuto.

Servire in ciotole o fondine con in superficie gli anacardi sbriciolati grossolanamente e un filo d’olio. Pure qualche scaglia di parmigiano ci sta tutta…

Buon appetito e buon gusto 🙂


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Buono, sano, sfizioso…falafel di spinaci e peperoncino

Ecco una buona idea vegana, gluten free, sana e gustosa allo stesso tempo.

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I Falafel, o Felafe, sono delle polpettine di ceci fritte, tipiche della cucina mediorientale. La particolarità è che sono preparate con i ceci secchi ma non cotti: i legumi vanno lasciati in ammollo in acqua per molto tempo, l’ideale sarebbe almeno 24 ore (ebbene si, 24!), poi si scolano e si tritano assieme agli altri ingredienti, ma non vanno lessati in acqua.

Questo fa si che la “purea” che si ottiene nel mixer sia morbida ma sufficientemente compatta per formare le polpettine senza dover aggiungere uova e pangrattato o farina.

Ora mi farete notare che normalmente l’ammollo dura circa una notte, ma col fatto che non subiranno la lessatura in acqua le normali 10-12 ore in acqua fredda non saranno sufficienti per consentire ai legumi per reidratarsi abbastanza ed essere quindi ben digeribili e morbidi al punto giusto. Ho provato personalmente, e con un ammollo troppo breve sia la consistenza della crema che il sapore non sono dei migliori.

Si possono usare anche altri legumi secchi (fave, piselli, lupini…) ed è la base ideale per preparare qualsiasi tipo di “veggie burger“, ossia l’alternativa vegetariana alle polpette di carne, da mangiare da sole o in mezzo a un panino.

Ai ceci (o altri legumi ) si aggiungono olio-aromi-aglio-cipolla più ingredienti a piacere come altre verdure crude o cotte, formaggio grattugiato, frutta secca sminuzzata, semini ecc.

Se proprio proprio il composto fosse troppo morbido si può aggiungere un po’ di farina di ceci, o alla peggio un cucchiaio di pangrattato. In genere questo si rivela necessario quando si aggiungono verdure molto acquose come i pomodori.

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La mia versione è molto verde (spinaci), piccantina (peperoncino fresco) e light (cottura al forno). Ma le varianti sono pressochè infinite…

FALAFEL DI CECI AL FORNO CON SPINACI E PEPERONCINO

ingredienti: 250 gr di ceci secchi, 300 gr di spinaci crudi, 1 spicchio d’aglio, una cipolla bianca piccola (oppure 2 scalogni), un peperoncino rosso fresco, un cucchiaino raso di sale, un pizzico di pepe, mezzo cucchiaino di coriandolo in polvere (oppure cumino), un pizzico di paprika dolce, un pizzico di curry, un cucchiaio di olio extravergine di oliva, un cucchiaino di aceto di mele

Mettere a mollo i ceci in acqua fredda per 24 ore. Dopo le prime 12 ore cambiare l’acqua di ammollo. Scolare e lasciar aciugare su un canovaccio pulito per almeno 20 minuti.

Nel contenitore del food processor mettere i ceci, gli spinaci, il peperoncino e la cipolla a pezzi e tutti gli aromi.

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Avviare a massima velocità finchè si otterrà una purea abbastanza omogenea e fine.

Versare il composto su un contenitore (o pirofila), compattare con un cucchiaio , coprire con coperchio o pellicola e lasciar riposare per almeno un’ora in frigo.

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A questo punto si può decidere di dare al composto la forma che si preferisce: si possono fare delle piccole polpette rotonde, dei dischi stile hamburger oppure delle quenelle con due cucchiai, come ho fatto io … ma solo perchè non avevo voglia di sporcarmi le mani… 😉

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Per la cottura in forno disporre le quenelle su una teglia rivestita di carta e cuocere per circa 25 minuti a 180 gradi ventilato. Ma ovviamente si possono anche friggere in olio di semi ben caldo.

Sono pronti quando l’esterno diventa scuro e croccante.

Ottimi se accompagnati con hummus di ceci oppure in un panino pita con cipolla stufata, insalatina e salsa allo yogurt.

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Buon appetito e buon gusto 🙂


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Matteo Grandi: l’unico chef che rimette l’uovo nel guscio

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Ultimamente, non so se si era capito, di ricette ne pubblico poche … non è che non cucini ma tra fare e pubblicare c’è una differenza abissale.

Ok, continuo a ripetermi che appena il bambino sarà un po’ più cresciuto…appena mi sarò assestata col lavoro…appena ci saremo trasferiti nella casa nuova che stiamo ristrutturando…appena gli albumi si monteranno a neve da soli…appena un sacco di cose, mi rimetterò a fare la foodblogger seriamente, che scrive articoli tutte le settimane con una bella ricetta e relative foto….

Scherzi a parte le intenzioni sono serie.

Nel frattempo, fortunatamente, ci sono molti modi per occuparsi di cibo e infatti sono qui a scrivere di una “gustosa” occasione che mi è stata proposta dallo Studio Cru di Vicenza, una delle tante in cui ho avuto il piacere di essere coinvolta.

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Assieme ad altre 4 simpaticissime (e bravissime oltretutto) foodblogger ho passato una mattinata nella cucina di un ristorante d’eccellenza per apprendere direttamente dallo chef i segreti di uno dei suoi piatti di punta, e cucinarlo.

Sto parlando di Matteo Grandi, e del suo ristorante a San Bonifacio in provincia di Verona: il DeGusto.

Matteo Grandi è il talentuoso vincitore della prima edizione di Hell’s Kitchen (quella dove Cracco finge di fare il cattivo da solo…non quella dove finge di fare il cattivo assieme ad altri due -adesso tre- chef). Devo ammettere che prima di questa occasione non me l’ero mai filato più di tanto (parlo di Matteo…ma onestamente neanche Cracco me lo filo moltissimo). Della trasmissione avrò visto si e no mezza puntata, e di lui avevo sentito parlare da Roberta in quanto conoscenza di un suo amico…Si, mi erano giunte recensioni positive, ma il mio interessamento fino ad ora si fermava li. Quindi in quella mattina di gennaio ero molto curiosa di conoscerlo e non sapevo bene cosa aspettarmi.

Beh, lo chef che mi sono trovata di fronte mi è piaciuto, e molto. Soprattutto per l’atteggiamento, autorevole ma non autoritario, simpatico ma non bonaccione, ironico ma non irriverente, colto ma non spocchioso. Dimostrava una grande sicurezza in cucina, nonostante la giovane età, frutto certamente di molti anni di esperienza nella ristorazione di alto livello. Il suo locale è accogliente ed elegante, ma non tanto da farti sentire a disagio e mi è piaciuta molto la cura (che in realtà ci si aspetta in ristoranti du questo genere) dei dettagli.

I dettagli….la mia passione….

E poi mi è piaciuto anche il suo piatto, e sapete perchè? Per l’apparente semplicità. Si perchè abbiamo cucinato un uovo….SODO!!

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Ho deciso di scrivere questo post non solo per condividere la bella esperienza. Certo non sono nata ieri, se le foodblogger vengono invitate ad eventi come questo ci si aspetta come minimo un post, e lo ritengo doveroso, ma ad essere onesta la cosa più importante che ho imparato quella mattina non riguarda l’uovo, la cucina, i grandi chef o le tecniche di cottura, ma una semplice riflessione: E cioè quanto sia facile (e pericoloso) farsi influenzare dai pregiudizi, dai preconcetti. A volte pensiamo di sapere già tutto, abbiamo la nostra opinione e crediamo che non valga la pena sforzarsi per guardare un po’ più in là del nostro naso. Stavolta si trattava solo di un uovo sodo, ma quante altre volte avrò dato per scontato qualcosa a causa dei miei pregiudizi?? E quante occasioni avrò perso soprattutto? Una cosa è certa, di umiltà e apertura mentale non se ne hanno mai abbastanza…

Ecco se c’è una cosa che non ho mai amato è l’uovo sodo. L’ho sempre trovato un cibo insulso…senza alcuna personalità. Ebbene il piatto simbolo del DeGusto è fondamentalmente un uovo sodo, al quale viene rimesso un guscio croccante. Geniale! Tremendamente semplice e geniale. Detta così sembra ‘na fesseria, dice “che avete perso una mattinata del vostro tempo per far bollire un uovo??” Ammetto che quando ho saputo cosa avremo fatto mi ha attraversata un po’ di delusione…i famosi pregiudizi di cui sopra… e invece mi son dovuta ricredere accidenti. Ho imparato tante cose in quelle tre ore e non me lo sarei mai aspettata.

D’altra parte a Matteo c’è voluto quasi un anno e mezzo per mettere a punto questo piatto, ci sarà un motivo…

Tornando a noi, il piatto è questo: UOVO BARZOTTO IN GUSCIO CROCCANTE CON TARTUFO DI NORCIA, SU FONDUTA DI PARMIGIANO DI VACCA ROSSA E SPINACINI SALTATI.

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Veramente buono, buono, buono. Inutile dire che per un piatto (apparentemente) così semplice è fontamentale la cura del dettaglio e la scelta della materia prima. Il resto è una perfetta esecuzione.

Ora, non me ne vogliate ma io la ricetta non ve la metto, per 2 motivi: primo non è mia, secondo, l’hanno già descritta così bene le mie compagne che preferisco linkarvi i loro deliziosi blog.

Tweedot, di Laura Manente (la ricetta qui)

The Spicy Note, di Lidia Mattiazzi (la ricetta qui)

La Cucina di QB, di Annamaria Pellegrino (la ricetta arriverà)

E poi ovviamente la mia immancabile, insostituibile compagna di merende Roberta Zantedeschi di Ratatouille-non solo cibo (l’articolo qui)

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nella foto, da destra, Annamaria (La Cucina di QB), Lidia (The Spicy Note) e Silvia (Studio Cru)

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Quello invece che voglio scrivere sono alcune delle chicche che ci ha insegnato Matteo, quei famosi dettagli che fanno la differenza tra un uovo sodo qualsiasi e l’uovo DeGusto 🙂 Spero che lo chef non si arrabbi se spiffero i suoi “segreti”, ma se voleva discrezione era meglio non far entrare 5 foodblogger nella sua cucina… hihihi

  • L’uovo sodo riesce meglio se il tuorlo è perfettamente al centro dell’albume. Per fare in modo che sia così prendete la confezione di uova e capovolgetela per una decina di minuti prima di cucinarle. Il tuorlo andrà lentamente a posizionarsi al centro…
  • L’uovo deve essere a temperatura ambiente e va messo in acqua già bollente. Se fosse freddo da frigo lo shock termico farebbe crepare il guscio. Inoltre se l’acqua bolle si è certi che la temperatura di cottura è 100°
  • L’acqua di cottura deve essere leggermente salata e acidulata con aceto di vino bianco. Questo favorisce la sgusciatura e impedisce che il bianco fuoriesca in acqua se dovessero formarsi crepe
  • L’uovo va inserito in acqua con una schiumarola, e durante la cottura va mosso delicatamente di tanto in tanto per  mantenere il tuorlo al centro
  • Un timer è fondamentale: per un uovo barzotto (cioè con albume rappreso e turolo liquido) di taglia medio-grande servono 5 minuti e 30 secondi. Questo tempo potrebbe richiedere degli aggiustamente a seconda del calibro delle uova usate…
  • La qualità è decisiva: meglio scegliere uova (veramente) biologiche, meglio se si conosce anche l’alimentazione delle galline…
  • Appena scatta il timer estrarre le uova dal pentolino e porle immediatamente in una bacinella di acqua e ghiaccio per bloccarne la cottura
  • Per rompere il guscio, battere il “culo” dell’uovo su un tagliere. In quel punto si crea una piccola sacca d’aria che facilita l’inizio della sbucciatura
  • L’uovo in attesa della panatura o della frittura va mantenuto in posizione verticale. Se venisse appoggiato su un fianco perderebbe la forma ovoidale perfetta…
  • La panatura delle essere omogenea e sottilissima: si passa prima in farina TRIPLO ZERO, togliendo per bene l’eccedenza, poi in uovo sbattuto usando due cucchiai e infine in pangrattato grattugiato fine
  • Per friggere meglio usare olio di vinacciolo che ha un alto punto di fumo ma è molto più delicato dell’olio EVO
  • La frittura in olio profondo va fatta immergendo l’uovo con una schiumarola e facendolo andare “su e giù” nell’olio e rotolare (facile a dirsi, difficilissimo a farsi)…questo per avere una doratura assolutamente uniforme
  • L’uovo va consumato appena si è finito friggere (si insomma…il tempo di impiattare e servire…) altrimenti continuerà a cuocere col rischio di rendere il tuorlo troppo solido

Se pensate (come la sottoscritta) che cimentarsi (nuovamente) il questa impresa nella propria cucina e senza la supervisione di un grande (in tutti i sensi) chef non sia il caso, ricordate che la soluzione c’è ed è semplice. Andare a mangiarlo al ristorante!

Buon appetito e Buon “DeGusto” 🙂

 


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Provare ristoranti sta diventando una passione

Questo sarà un post dal vago retrogusto di reclame, sappiatelo.

In effetti suona un po’ promozionale, anche se non mi piace fare pubblicità e comunque non vengo pagata per farlo. Ma questa devo dire è un’opportunità che mi è stata data e che personalmente ho trovato molto ma molto piacevole. D’altra parte non mi piace parlare delle cose senza prima averle “provate” in prima persona ed ora che il periodo di test è quasi finito posso trarre serenamente le mie conclusioni.

E in questo caso sono conclusioni molto positive.

Sto parlando di Ristoranti che Passione, l’interessante iniziativa lanciata ormai diversi anni fa dal vicentino Riccardo Penzo. Riccardo ha avuto un’intuizione davvero intelligente, e cioè quella di ideare un sistema per permettere ai ristoranti di promuoversi (soprattutto nlle serate in cui la fruizione è più scarsa) e allo stesso tempo avvicinare la ristorazione di qualità (in certi casi altissima!) a chi normalmente non potrebbe permettersela, o per lo meno non potrebbe permettersela così spesso.

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Una volta acquisata la card il meccanismo è semplice:

  • si decide quando si vuole mangiare fuori
  • si sceglie un ristorante tra quelli che prevedono la scontistica nel giorno prescelto
  • si mangia (la card vale per due persone, tra cui il titolare stesso della carta)
  • al momento di pagare si presenta la card e verrà applicato lo sconto previsto su tutto il cibo (non coperto e bevande)
  • si ripete dal’inizio innumerevoli volte (ma con altri ristoranti)

All’apparenza la carta costa tanto,circa 75 euro nella versione con guida cartacea e 55 per la versione ebook. Ma considerando che molti ristoranti in alcuni giorni prevedono scotistiche del 40-50% e che la carta vale per 2 persone, già in un paio di cene la spesa viene ampiamente ammortizzata!

Io in un anno (il periodo di validità della carta) l’ho utilizzata 6 volte, sempre in ristoranti di altissimo livello che difficilmente avrei potuto permettermi senza gli sconti previsti. Abbiamo convinto anche una coppia di amici ad acquistarla e assieme a loro, una volta al mese, ci stiamo appassionando a scoprire nuovi locali .

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Il network che negli anni è stato costruito inoltre è un valido supporto perchè Riccardo effettua ogni anno un’attenta selezione dei ristoranti (mantenedo alta la qualità della proposta) inoltre le numerose recensioni consultabili nel sito permette di orientare al meglio la scelta.

Io da appassioata di enogastronomia trovo che questa iniziativa sia veramente desiderabile. Se posso permettermi direi che sarebbe un ottimo regalo da farsi e da fare ad altri.

Fine reclame. Buon appetito e buon gusto

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Panzerotti intrecciati e molto ripieni

Ecco, non sono scomparsa ne’ emigrata in un’altra galassia. Non accamperò pietose scuse riguardo la mia latitanza sul web, e non voglio nemmeno nascondermi dietro un dito (chiamato maternità), semplicemente devo dire che ho qualche serio problema organizzativo.

Ma ci sto lavorando, giuro!

E’ che davvero la mia vita è così (ri)piena e traboccante di cose, un po come la ricetta di questo post…quindi, visto che ultimamente tempo ne ho poco ed efficienza ancor meno, andrò direttamente al sodo.

Come alcuni sanno, da qualche tempo preparo per le mie cognate alcuni pasti pronti da consumare in famiglia, quando rientrano tardi da lavoro e non hanno tempo per cucinare. Ieri ho proposto loro una sorta di pizza ripiena, una via di mezzo tra, calzone, panzerotto e pasta alla norma. L’impasto è simile a quello della pizza, a tripla lievitazione, e il ripieno dai sapori classici e mediterranei, per un ultimo saluto all’estate, fatto con melanzane, mozzarella filante e pomodoro.

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Il tutto è reso ancora più appetitoso dal bell’intreccio che richiude il panzerotto, molto coreografico ma semplicissimo da realizzare.

Ottima resa con un minimo sforzo. Proprio quello che mi serve in questo perirodo…magari può far comodo anche a voi…

A presto (si spera…)

PANZEROTTO INTRECCIATO “ALLA NORMA”

ingredienti per 3 panzerotti da circa 20 cm

per l’impasto: 300 gr di farina 0 o 00, 500 gr di farina manitoba (più quella per stendere), 10 gr circa di lievito di birra fresco, 2 cucchiai di olio evo, 60 gr circa di burro,100 ml di latte di avena (o latte intero), 1 cucchiaino raso di zucchero, acqua tiepida qb, sale qb (prendere le dosi con le pinze perchè ho fatto a occhio, e poi ho cercato di ricostruire le quantità…)

per il ripieno: 500 gr di mozzarella per pizza a fette sottili, 6 cucchiai di concentrato di pomodoro, olio evo, 2 melanzane, timo, sale, pepe, aglio 2 spicchi

altro: latte, olio, acqua, sale

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procedimento

Preparare l’impasto alcune ore prima. Nella ciotola della planetraria preparare il  lievitino con 200 gr di farina 00, il lievito sbriciolato, il latte d’avena e lo zucchero. Mescolare bene e lasciar riposare per circa 30-40 minuti.

Trascorso il tempo, aggiungere il resto della farina e cominciare a impastare a bassa velocità, aggiungendo anche l‘olio e l’acqua un po’ alla volta finchè l’impasto avrà una consistenza morbida. Aumentare la velocità, e quando l’impasto comincerà a essere liscio, aggiungere il burro morbido a pezzetti e per ultimo il sale, un cucchiaino raso dovrebbe bastare.

Impastare finchè sarà bel incordato e comunque almeno per 15 minuti.

Coprire con pellicola e mettere a lievitare per circa 3 ore.

Nel frattempo preparare le melanzane al funghetto: otenere dei cubetti e metterli in uno scolapasta cosparsi di sale per farli “spurgare”. Dopo un quarto d’ora si possono strizzare bene con le mani e metterli a rosolare in una padella con abbondante olio e aglio tritato. Se piace si può aggiungere del peperoncino secco.

Rosolare bene e portare a cottura, aggiustando di pepe. Non serve aggiungere altro sale.

Quando l’impasto sarà lievitato, dividerlo in 3 parti che andranno stese in modo da ottenere tre rettangoli. Distribuire su tutta la superficie il concentrato di pomodoro, condito con timo e un po’ di sale. Disporvi al centro una striscia di fette di mozzarella e sopra a queste i cubetti di melanzane trifolati.

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Tagliare i lati dei rettangoli in modo da ottenere delle “frange”. richiudere le estremità attorno al ripieno e comiciare a intrecciare le frange, piegandole sopra al ripieno altrernativamente una a destra e una a sinistra, fino a richiudere tutto il panzerotto.

Spennellare la superficie con del latte e infornare su una teglia con carta da forno, in forno statico a 190 gradi per circa 20 minuti.

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Appena sfornato spennellare con una emulsione di acqua e olio evo in parti uguali e spolverare con sale. Attendere 5- 10 minuti prima di addentare.

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Buon appetito e buon gusto 🙂

 

 


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Papadum, prugne e sperimentite. Una cena indiana insomma

OK, faccio outing.

Dovete sapere che io sono affetta da un disturbo incurabile chiamato “sperimentite cronica acuta“, una patologia che mi porta a dover provare -o acquistare-, in modo quasi compulsivo, tutto ciò che di commestibile io non abbia ancora assaggiato… In gelateria?  prendo il gusto più strano. Al ristorante certamente scelgo le pietanze più curiose, o gli abbinamenti più particolari. Se al mercato o in un qualsivoglia negozio scovo in ingrediente sconsciuto, non posso fare a meno di comprarlo. Non parliamo di quando sono in viaggio, sembro posseduta (e pozzao ne sa qualcosa…). Ho una scatola piena di ingredienti e spezie di cui non conosco nemmeno il sapore, figuriamoci l’utilizzo, ancora sigillate che aspettano soltanto che abbia il coraggio di affrontarli… (anzi se qualcuno sa dirmi come usare la “nigella”…)

Vabbè, tutto sto preambolo per spiegare l’origine di questo post. Perchè indubbiamnte uno dei posti in città che offre sempre la possibilità di scovare qualcosa di insolito e ancora inesplorato, è il famigerato (e pulciosissimo) “asia-market“, cioè quello che generalmente si trova nelle viette meno in vista della città, con le vetrine polverose e piene di barattoli scoloriti, che se entra una persona dalla pelle chiara si girano tutti a guardarla con un misto di perplessità e divertimento….insomma il Paese dei Balocchi per una foodblogger – foodstylist maniacalmente fusion style come la sottoscritta! Di solito capita che “entro solo un attimo per comprare la salsa di soia” e va a finire che esco (almeno un’ora dopo) con un sacchetto pieno di roba…  ;D

La cosa divertente è che molte delle cose in vendita sono a me ignote e talvota pure senza etichetta in italiano (o in una qualsivoglia lingua comprensibile). Le provenienze sono le più disparate, Cina, Africa, Thailandia, India, Giappone, vai-a-saper-dove, e la verità è che prima o poi io proverò tutto!!!

Stavolta mi è caduto l’occhio su un prodotto indiano, delle cialde rotonde da friggere in poco olio di semi chiamate Papadums.

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Sono fatte di farina di legumi, solitamente fagiolo mungo decorticato ma si trovano anche di lenticchie o di ceci, sono quindi senza glutine e tradizionalmente vanno consumate con del chutney, una sorta di confettura di frutta piccante, speziata e un po’ agrodolce, ottima per accompagnare anche carne e stufati. E’ la versione indiana della nostra mostarda alla Vicentina in buona sostanza, solo che può essere preparata con qualsiasi tipo di frutta. Ora si dia il caso che noi abbiamo un albero di prugne in giardino, e non serve molto per fare 2+2…

Prugne+peperoncino+spezie+fantasia=chutney “freestyle”

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Non resta che completare il piatto con uno stufato di verdure con latte di cocco e curry masala e del riso basmati profumatissimo per accompagnare il tutto, e la cena indiana è bella che servita. (e VEGANA nonchè GLUTEN FREE per giunta)

La cucina fusion è molto più semplice di quel che si pensa. Anzi, per la cornaca sto organizzando con l’Associazione CookingLAB proprio un corso di cucina Fusion, che faremo in autunno…se può interessare…intanto per chi vuole allenarsi ecco gli ingredienti della mia cena.

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CENA INDIANA “FREESTYLE”

Per il chutney di prugne: 10 prugne viola (quelle ovali dalla polpa verdina), 1 peperoncino rosso fresco tagliato a rondelle sottili, 2 cucchiai di zucchero, il succo di mezzo limone, 2 scalogno piccolo tritato, 1 chiodo di garofano, 1 anice stellato, un pezzetto di zenzero grande come una noce e tritato, 2 spicchi d’aglio tritati, 1 pignetta di pepe lungo, 50 ml di acqua, un pizzico di sale.

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Lavare le prugne, tagliarle a tocchetti e metterle in un casseruolino con tutti gli altri ingredienti.

Portare a bollore, abbassare la fiamma e lasciar ridurre di metà (o comunque fino a che non sarà denso come una confettura)

Trasferire in una ciotolina e lasciar raffreddare

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Per lo stufato di verdure e seitan: 1 cipolle bianche grandi, 2 scalogni, 1 carota grandi, 2 spicchi d’aglio, 2 zucchine, 100 gr di seitan al naturale, una manciata di pomodorini, 250 ml di latte di cocco, 1 cucchiaio raso di curry masala, olio di semi (io girasole biologico), sale qb, pepe nero, menta fresca. A piacere si può sostituire il seitan con carne di pollo o tacchino o tofu

Tagliare le verdure a tocchetti abbastanza grandi (eliminate la parte centrale delle zucchine), tagliare l’aglio a fettine e il seitan a bastoncini

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In un tegame largo scaldare qualche cucchiaio di olio, soffriggere aglio e cipolla e quando saranno dorati aggiungere il seitan e poi le altre verdure tostandole a fiamma vivace.

Quando sarà tutto ben rosolato, aggiungere i curry e poco dopo il latte di cocco, mescolare, abbassare la fiamma e lasciar addensare.

Alla fine aggiustare di sale e pepe e servire con foglie di menta fresca.

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Per il riso: 250 gr di riso basmati, 300 ml di acqua, mezzo cucchiaino di sale, 2 chiodi di garofano, una manciata di anacardi (o arachidi), un cuchiaio di uvetta, mezzo cucchiaino di pepe nero in grani (o coriandolo in grani). A piacere si possono aggiungere altre spezie come cardamomo, anice stellato, qualche pezzetto di stecca di cannella, pimento…

Sciacquare velocemente il riso con un colino.

Mettere tutti gli ingredienti in una casserola, distribuirli sul fondo e poi aggiungere l’acqua fredda senza mescolare.

Metterla su un fuoco potente scoperta e appena compariranno le prime bollicine coprire con coperchio (deve essere della misura giusta per la casseruola), trasferire su un fioco piccolo e lasciar cuocere a fiamma bassa SENZA MAI APRIRE IL COPERCHIO per il tempo indicato nella confezione di riso.

Trascorso il tempo togliere dal fuoco, aprire e mescolare delicatamente. Se è rimasta ancora dell’acqua sarà sufficente mettere nuovamente il coperchio e attendere altri 5/10 minuti. Poi trasferire su un piatto da portata.

Inoltre: una confezione di Pappadums, olio di semi qb

Seguire le isctruzioni sulla confezione dei Papadums (se le trovate, hahaha). Comunque vanno fritti uno alla volta in un padellino con circa un dito di olio. 🙂

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Enjoy!

Buon appetito e buon gusto 🙂


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la pasta dell’estate: zucchine, limone e dragoncello

Quest’anno posso dire di aver riscoperto la pasta, se prima la mangiavo si e no una volta a settimana, ora non dico che è diventato un pasto quotidiano ma quasi (cosa che per la stragrande maggioranza degli italiani è assolutamente normale, me ne rendo conto, ma x la sottoscritta si tratta di una novità…).

La verità è che in gravidanza avevo sempre fame…e adesso che allatto ancora di più! Ed ho sempre voglia di carboidrati. In più ho “scoperto”  (l’uovo di Colombo…) in commercio dei pastifici “artigianali” i cui prodotti sono davvero di una qualità superiore, per una spesa tutto sommato accettabile, il che ha aumentato ancora di più il piacere (e la voglia) di mangiare questo alimento (ma quanto mi piacciono le parentesi…)

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In particolare, quando ho vinto il concorso organizzato da Bloggalline e Informacibo (con questa ricetta 😀 ), tra i vari premi mi è stata regalato un assortimento di pasta del pastificio Cav. Giuseppe Cocco. Non lo conoscevo, perchè non l’ho mai trovato in vendita dalle mie parti, e devo dire che è un peccato perchè si tratta di prodotti davvero eccellenti. La pasta ha un ottimo sapore, tant’è che è buonissima anche con un filo d’olio, è ruvida, spessa, mantiene ottimamente la cottura e soprattutto è disponibile anche in formati piuttosto particolari, e non mi stancherò mai di sostenere quanto l’occhio di un foodblobber sia esigente!

Tra i miei preferititi i signarelli, rettangoli di pasta dai bordi frastagliati, e le tagliatelle di grano duro (simili alle trenette ma più larghe), praticamente introvabili di altre marche e che ho scelto per questa ricetta.

Lo stesso pastificio propone molti diversi tipi di pasta all’uovo (anche versioni all’uovo di forme che normalmente si trovano di grano duro), ma è un genere di pasta che non amo particolarmente…quindi non mi ha ispirato nessuna ricetta…

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tagliatelle di grano duro al ragù di fegatini (so yummy)

Le tagliatelle di grano duro si prestano ad essere abbinate ai sughi corposi e saporiti come un ragù di selvaggina o di fegatini, ma in vista dell’estate ho provato a servirli con degli ingredienti decisamente più freschi e leggeri, per ottenere un primo piatto ottimo anche se mangiato tiepido o freddo. Ho usato un’erba aromatica non molto diffusa, il dragoncello (o Estragon, come è chiamato in altri paesi), da sapore simile alla melissa ma ancora più intenso e pungente, ottimo per esaltare la fragranza del piatto. Assieme alla scorza di limone (e io avevo dei profumatissimi limoni biologici della Riviera di ponente – grazie Gian!) lascia in bocca una piacevole sensazione amarognola, che bilancia la tendenza dolce degli amidi e delle zucchine.

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cespuglio di dragoncello [foto dal web]

Occhio che l’aroma di questa pianta, soprattutto se usata fresca, è molto intenso e aumenta con la cottura, quindi è bene non abusarne!

NIDI DI GRANO DURO ALLA CREMA DI ZUCCHINE, LIMONE E DRAGONCELLO

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ingredienti: 180 gr di pasta lunga artigianale di grano duro (io Cav. Giuseppe Cocco), 2 zucchine grandi e compatte, 1 aglio, 1 peperoncino secco, 1 limone biologico, 4 foglie fresche di dragoncello, olio evo, sale pepe

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Tritare l’aglio e farlo rosolare legermente con il peperoncino e 2 cucchiai di olio in una padella ampia (dopo vi si dovrà saltare la pasta).

Aggiungere le zucchine a julienne e far appassire a fuoco medio finchè saranno morbide ma non spappolate. Per questo è fondamentale la padella larga e la fiamma vivace -ma non troppo-

Spezzettare finemente con le mani 2 foglie di dragoncello, unire la scorza di limone grattugiata (ovviamente solo la parte gialla), aggiustare di sale e pepe (pepe nero che col limone ci sta benissimo) e mescolare bene per insaporire le zucchine.

Aggiungere la pasta assieme a un po’ di acqua di cottura e saltare a fiamma vivace per amalgamarla al sugo. Con questo tipo di pasta non c’è pericolo di scottura! io l’ho saltata per 5 minuti abbondanti perchè avevo aggiunto troppa acqua ed eè rimasta perfettamente al dente.

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Prima di servire unire le altre 2 foglie di dragoncello a pezzettini. Con un forchettone e un mestolo formare dei nidi di pasta, sui quali disporre una cucchiaiata di sugo, completare con un filo d’olio crudo. Non serve altro.

Un primo piatto molto semplice, veloce da preparare, ottimo anche freddo nelle giornate estive. E (senza volerlo) vegano…

buon ppetito e buon gusto 🙂